Il fatto. Una donna chiede il risarcimento dei danni asseritamente subiti, a causa dell’insorgere di una complicanza discitica, a seguito di un intervento neurochirurgico.
Il Primo grado. Il Tribunale respinge la domanda di risarcimento proposta nei confronti del medico chirurgo.
Il Secondo grado. La Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado.
La Corte di Cassazione. La ricorrente sostiene che i giudici di merito non avrebbero valorizzato adeguatamente, ai fini probatori, le modalità di tenuta della cartella clinica, apparsa ai consulenti tecnici chiaramente incompleta. Come affermato dalla consulenza tecnica di parte attrice, la complicanza subita dalla donna durante l’intervento deriverebbe da un evento certamente iatrogeno, ma non precisabile a causa della incompletezza della cartella clinica: “Il fatto che [la complicanza] si sia determinata è certamente da attribuire ad un evento iatrogeno, non meglio precisabile considerata la scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica”. Secondo la Corte di Cassazione, la motivazione dei giudici di Appello sul punto non corrisponde al consolidato orientamento della Suprema Corte, “che nella incompletezza della cartella clinica – che è obbligo del sanitario tenere invece in modo adeguato – rinviene proprio, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, il presupposto perché scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato”. La Corte di Cassazione, perciò, cassa con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.
Breve commento. Spesso la Corte di Cassazione parla, indifferentemente, di “principio di vicinanza alla prova”, “principio di vicinanza della prova”, “criterio di vicinanza alla prova”, “criterio di vicinanza della prova”. Il contenuto dell’espressione parrebbe il seguente: il soggetto (e cioè, nel caso qui esaminato, il medico) che risulti in condizioni di accedere e predisporre elementi probatori (quindi, metaforicamente, sia “vicino alla prova”) ha l’onere di fornirla. La irregolare tenuta della cartella clinica ha perciò conseguenze negative per il soggetto su cui grava l’obbligo di compilazione, e ciò costituisce un corollario del principio di “vicinanza alla prova”. Tale corollario appare specificabile nei termini seguenti: se un medico, pur essendo stato in condizioni di documentare elementi probatori su situazioni rilevanti a fini eziologici, non è in grado di fornire tali elementi per sua colpa – avendo tenuto irregolarmente la cartella clinica – in tal caso grava su di lui una presunzione di responsabilità.