Il fatto. Un paziente viene sottoposto a un intervento di colecistectomia per via laparoscopica (mediante utilizzo di Trocar e di ago di Veress), durante il quale viene lesionata l’aorta. Tuttavia viene suturata soltanto la lesione nella parete anteriore e non una ulteriore lesione nella zona posteriore, che provoca uno shock emorragico irreversibile e la successiva morte del paziente.
Il primo grado. Il medico primario che aveva proceduto all’intervento – eseguendo la laparoscopia – patteggia la pena. Un secondo medico, facente parte dell’èquipe (il cui compito era reggere il divaricatore e l’aspiratore per consentire all’operatore di ispezionare l’addome), viene riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 589 c.p., per non aver segnalato all’operatore, secondo il Tribunale, “la necessità di provvedere all’esplorazione di tutta la circonferenza del vaso, e di provvedere personalmente, chiedendo al collega di passargli gli speciali occhiali, ad eseguire detta osservazione”.
Il secondo grado. La Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado.
La Corte di Cassazione. Secondo la Corte di Cassazione, la motivazione dei Giudici di Appello non è corretta, in quanto “la responsabilità penale di ciascun componente di una equipe medica non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla equipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente”; questo per non cadere in ipotesi di responsabilità oggettiva o di posizione.
Nel caso concreto, il secondo operatore “poteva e doveva apprezzare l’avvenuta emorragia e la necessità di contrastarla con la suturazione dell’aorta, con il recupero delle normali funzioni. Ciò che risulta essere avvenuto”.
Ma per quanto riguarda le modalità di effettuazione della suturazione, nessuna mancanza può essere addebitata al secondo medico, non potendosi trasformare “l’onere di vigilanza, specie in settore specialistico, in una sorta di obbligo generalizzato (e di impraticabile realizzazione) di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di – addirittura – invasione negli spazi della competenza altrui (così va letto il passaggio della decisione che ha addebitato al *** di non essersi fatto consegnare gli occhiali per controllare anch’egli la manovra effettuata dall’altro operatore, pur non rientrante nella sua diretta competenza)”.
La Corte di Cassazione, alla luce di tale motivazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l’imputato commesso il fatto.